Arte Clandestina
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ADRIAN PACI Vite in transito - 05 Ottobre 2013 - 06 Gennaio 2014 |
Immagini che provocano emozioni forti, ma anche differenti:
compassione, tristezza, smarrimento, paura, repulsione, rabbia, solo per
citarne alcune. Spesso sono emozioni che provocano commozione della durata di
una sequenza televisiva, per poi essere
respinte indietro a forza in qualche
luogo recondito e poco accessibile della nostra coscienza.
Altre volte il sentimento della solidarietà è così prepotente da spingere individui di buona volontà a dedicare tempo e risorse disponibili ai prossimi in difficoltà, cercando al contempo di attribuire un senso alle cose e agli avvenimenti.
In altri casi prevale il timore dell’altro, del diverso, insieme al sospetto, alla diffidenza, al fastidio e, con questi, alla successiva reazione di rifiuto quando non di disprezzo, di ostilità e addirittura di violenza.
Ma , più in generale, la collettività tende all’evitamento del confronto di talune realtà scomode e dolorose, delle loro cause, delle responsabilità.
Altre volte il sentimento della solidarietà è così prepotente da spingere individui di buona volontà a dedicare tempo e risorse disponibili ai prossimi in difficoltà, cercando al contempo di attribuire un senso alle cose e agli avvenimenti.
In altri casi prevale il timore dell’altro, del diverso, insieme al sospetto, alla diffidenza, al fastidio e, con questi, alla successiva reazione di rifiuto quando non di disprezzo, di ostilità e addirittura di violenza.
Ma , più in generale, la collettività tende all’evitamento del confronto di talune realtà scomode e dolorose, delle loro cause, delle responsabilità.
Stanley Cohen, nel suo libro Stati di negazione ha indagato a
fondo il modo in cui singole persone e intere comunità evitano di confrontarsi
con tali realtà mettendo in atto meccanismi di diniego consapevoli o
inconsapevoli nel tentativo di rimuovere il dolore, di non essere costrette ad
averci a che fare.“La nozione del diniego come normale
(positivo, salutare, necessario, perfino benigno ed apprezzabile) è
omeostatica: il diniego ci protegge da emozioni dolorose esattamente come
girare fisicamente la testa o battere gli occhi protegge la retina da una luce
intensa. La nostra preconscia valutazione di pericolo di una certa situazione
comporta emozioni dolorose che pilotano il nostro interesse focale verso
qualcosa d’altro. Ma quanto sono adattative le nostre manovre difensive? Se il
paziente migliora diciamo che il diniego è salutare, se peggiora che era
patologico”.
E ancora: “Le culture del diniego incoraggiano a chiudere collettivamente gli
occhi, lasciando gli orrori indiscussi o normalizzati, come parte dei ritmi di
vita quotidiani”.
Zygmunt Bauman ci
costringe a fare i conti con la realtà dei fatti, a prendere coscienza della
storia, del presente e dei suoi
possibili sviluppi.
"Noi viviamo in una condizione che definisco di “diasporalizzazione”: i vostri nonni, i genitori dei vostri nonni sono migrati in massa, spesso in America Latina, perché essi non potevano sopravvivere qui. Adesso questo fenomeno continua, ma in altre direzioni: questa è l’unica differenza. La migrazione è un fenomeno che ha riguardato la “modernità” dalle sue origini ed è da essa imprescindibile. Perché la modernità produce “persone inutili”. Esistono due “industrie” della modernità che producono “persone inutili”: una è quella cosi detta della “costruzione dell’ordine”, dove ogni regola e sistema vengono costantemente rimpiazzati da nuovi sistemi e regole che producono esuberi, persone eccedenti. L’altra industria che produce “persone inutili” è quell’industria che noi chiamiamo “progresso economico” che consiste, fondamentalmente, nel ridurre costantemente la forza lavoro. E questo semplicemente produce persone inutili. E queste persone andranno dove c’è pane, promesse di pane e acqua potabile".
(tratto dall'intervista di Antonio Rossano a Zygmunt Bauman "La modernità produce immigrazione" - L'Espresso - 10 ottobre 2013)
"Noi viviamo in una condizione che definisco di “diasporalizzazione”: i vostri nonni, i genitori dei vostri nonni sono migrati in massa, spesso in America Latina, perché essi non potevano sopravvivere qui. Adesso questo fenomeno continua, ma in altre direzioni: questa è l’unica differenza. La migrazione è un fenomeno che ha riguardato la “modernità” dalle sue origini ed è da essa imprescindibile. Perché la modernità produce “persone inutili”. Esistono due “industrie” della modernità che producono “persone inutili”: una è quella cosi detta della “costruzione dell’ordine”, dove ogni regola e sistema vengono costantemente rimpiazzati da nuovi sistemi e regole che producono esuberi, persone eccedenti. L’altra industria che produce “persone inutili” è quell’industria che noi chiamiamo “progresso economico” che consiste, fondamentalmente, nel ridurre costantemente la forza lavoro. E questo semplicemente produce persone inutili. E queste persone andranno dove c’è pane, promesse di pane e acqua potabile".
(tratto dall'intervista di Antonio Rossano a Zygmunt Bauman "La modernità produce immigrazione" - L'Espresso - 10 ottobre 2013)
Adrian Paci e Sislej Xhafa, entrambi emigranti ed artisti, utilizzando invece il linguaggio dell’espressione
artistica, provano a dare visibilità alle “persone inutili”, agli invisibili. E al contempo, come sempre, danno voce al loro sentire mentre scuotono il nostro.
ADRIAN PACI Home to go (2001) (plaster, marble, dust, tiles, rope, 165 x 90 x 120 cm)
Foto © Roberto Marossi
Foto © Roberto Marossi
SISLEJ XHAFA, Barka, 2011 (shoes, glue, 700 x 230 x 80 cm) Nomas Foundation, Roma
Foto © Amedeo Benestante
Foto © Amedeo Benestante