martedì 16 giugno 2015

Arte Clandestina

ADRIAN PACI  Vite in transito - 05 Ottobre 2013 - 06 Gennaio 2014

Sono dei nostri giorni, prima, le immagini strazianti dei corpi sul filo dell’acqua tra le risacche del mare di Lampedusa, corpi di persone partite con la speranza di una vita che hanno invece incontrato il suo esatto contrario,  poi, quelle dolorose dei profughi Siriani accampati sul mezzanino della Stazione Centrale di Milano,  ed ora quelle disperanti dei migranti bloccati a Mentone, al confine con la Francia.

Immagini che provocano emozioni forti, ma anche differenti: compassione, tristezza, smarrimento, paura, repulsione, rabbia, solo per citarne alcune. Spesso sono emozioni che provocano commozione della durata di una sequenza  televisiva, per poi essere respinte  indietro a forza in qualche luogo recondito e poco accessibile della nostra coscienza.
Altre volte il sentimento della solidarietà è così prepotente da spingere individui di buona volontà a dedicare tempo e risorse disponibili ai prossimi in difficoltà, cercando al contempo di attribuire un senso alle cose e agli avvenimenti.
In altri casi prevale il timore  dell’altro, del diverso, insieme al sospetto, alla diffidenza, al fastidio e, con questi, alla successiva reazione di rifiuto quando non di disprezzo, di ostilità e addirittura di violenza.

Ma , più in generale, la collettività tende  all’evitamento del confronto  di talune realtà scomode  e dolorose, delle loro cause, delle responsabilità.

Stanley Cohen, nel suo libro Stati di negazione ha indagato a fondo il modo in cui singole persone e intere comunità evitano di confrontarsi con tali realtà mettendo in atto meccanismi di diniego consapevoli o inconsapevoli nel tentativo di rimuovere il dolore, di non essere costrette ad averci a che fare.“La nozione del diniego come normale (positivo, salutare, necessario, perfino benigno ed apprezzabile) è omeostatica: il diniego ci protegge da emozioni dolorose esattamente come girare fisicamente la testa o battere gli occhi protegge la retina da una luce intensa. La nostra preconscia valutazione di pericolo di una certa situazione comporta emozioni dolorose che pilotano il nostro interesse focale verso qualcosa d’altro. Ma quanto sono adattative le nostre manovre difensive? Se il paziente migliora diciamo che il diniego è salutare, se peggiora che era patologico”.
E ancora: “Le culture del diniego incoraggiano a chiudere collettivamente gli occhi, lasciando gli orrori indiscussi o normalizzati, come parte dei ritmi di vita quotidiani”.

Zygmunt Bauman  ci costringe a fare i conti con la realtà dei fatti, a prendere coscienza della storia, del  presente e dei suoi possibili sviluppi.
"Noi viviamo in una condizione che definisco di “diasporalizzazione”: i vostri nonni, i genitori dei vostri nonni sono migrati in massa, spesso in America Latina, perché essi non potevano sopravvivere qui. Adesso questo fenomeno continua, ma in altre direzioni: questa è l’unica differenza. La migrazione è un fenomeno che ha riguardato la “modernità” dalle sue origini ed è da essa imprescindibile. Perché la modernità produce “persone inutili”. Esistono due “industrie” della modernità che producono “persone inutili”: una è quella cosi detta della “costruzione dell’ordine”, dove ogni regola e sistema vengono costantemente rimpiazzati da nuovi sistemi e regole che producono esuberi, persone eccedenti. L’altra industria che produce “persone inutili” è quell’industria che noi chiamiamo “progresso economico” che consiste, fondamentalmente, nel ridurre costantemente la forza lavoro. E questo semplicemente produce persone inutili. E queste persone andranno dove c’è pane, promesse di pane e acqua potabile".

(tratto dall'intervista di Antonio Rossano a Zygmunt Bauman "La modernità produce immigrazione" - L'Espresso - 10 ottobre 2013)


Adrian PaciSislej Xhafa, entrambi emigranti ed artisti, utilizzando invece il linguaggio dell’espressione artistica, provano a dare visibilità alle “persone inutili”, agli invisibili. E al contempo, come sempre, danno voce al loro sentire mentre scuotono il nostro.



            ADRIAN PACI Home to go (2001) (plaster, marble, dust, tiles, rope, 165 x 90 x 120 cm)
             Foto © Roberto Marossi

         



       SISLEJ XHAFA, Barka, 2011 (shoes, glue,  700 x 230 x 80 cm) Nomas Foundation, Roma
       Foto © Amedeo Benestante



lunedì 1 giugno 2015

BUONE NOTIZIE

Le buone notizie non vengono stampate.
Le buone notizie le stampiamo noi.
Ne tiriamo un’edizione speciale ogni momento
e vorremmo che la leggessi.
La buona notizia è che sei vivo
e che l’albero di tiglio è ancora lì,
e svetta saldo nel rigido inverno.
La buona notizia è che hai splendidi occhi
che toccano il blu del cielo.
La buona notizia è che
il tuo bambino è lì davanti a te,
e che tu hai due braccia disponibili.
Abbracciarsi è possibile.
Si stampa solo ciò che non va.
Guarda ognuna delle nostre edizioni speciali:
noi offriamo tutto ciò che va.
Vogliamo che tu ne tragga beneficio
e che ci aiuti a proteggerle.
Lì, sul marciapiede, un fiore di tarassaco
ci offre il suo splendido sorriso
e canta la canzone dell’eternità.
Ascolta! Hai orecchie in grado di udirla.
China il capo. Ascoltala.
Lasciati dietro il tuo mondo di dolore
e di preoccupazioni
e sii libero.
L’ultima buona notizia è che puoi farlo.

Thich Nhat Hanh