ARTETERAPIA

ARTETERAPIA
di cosa si tratta?


Roberta Tezza - Evoluzioni - Inchiostri su cartoncino


 “L’arte terapia è una formulazione della cosiddetta esperienza interiore. Quella vita interiore che è impossibile raggiungere per mezzo del pensiero discorsivo, perché le sue forme sono incommensurabili con le strutture del linguaggio. In questo contesto la parola forma è essenziale. E’ l’ordine e la struttura con la quale l’espressione artistica concretizza le esperienze. Ci dà la possibilità di riconoscere, far emergere e padroneggiare l’esperienza interna”.                                         
                                                  Edith Kramer




L'ARTETERAPIA è un intervento di aiuto e sostegno alla persona a mediazione non verbale. Essa si avvale di tecniche e metodologie proprie dell’espressione artistica.

I materiali artistici insieme al processo artistico ed ideativo sostituiscono o integrano la comunicazione verbale nell’interazione tra operatore e utente (o paziente).

L’Arteterapia apre la possibilità di accostarsi al proprio mondo interiore e di esplorarlo, prendendone coscienza gradualmente: percezioni, sentimenti, immaginazione.

Lo specialista arteterapeuta segue e sostiene l'utente/paziente nel corso del processo creativo. La sua guida e la relazione che si instaura sono le chiavi di volta del processo terapeutico, in quanto l’attenzione, l’accettazione incondizionata del prodotto creato ed il sostegno assicurati sono aspetti essenziali per indirizzare l’esperienza artistica aiutando l’individuo a porre attenzione sulla propria attività e sul prodotto di questa per scoprirvi significati.

I contesti applicativi di questa metodologia di intervento sono: la terapia, la riabilitazione, l’educazione, il miglioramento della qualità della vita.


Ognuno di noi può, attraverso la terapia d’arte e con le personali potenzialità, elaborare il proprio vissuto ed esprimerlo creativamente per giungere ad una maggiore coscienza e consapevolezza. Il fattore terapeutico risiede proprio nel processo creativo, nel gesto libero attraverso il quale la persona può dare forma al materiale interiore (conscio od inconscio) ad immagine di se stessa. In questo modo la persona impara a conoscersi, a comprendere le proprie emozioni e sensazioni, a rendersi conto di cosa può fare e di conseguenza può rafforzare il suo senso d’identità e accrescere la sua autostima.

La produzione del lavoro artistico porta ad ottenere una gratificazione narcisistica che consente di mitigare il timore del confronto con se stesso, permettendo così di consolidare la concezione di sé.

Il prodotto artistico acquisirà una dimensione valoriale perché ricco di contenuti emotivi e di valori propri dell’autore e non perché importante in senso estetico.

Tutto ciò mette in atto una mutazione generale ed è con queste modalità che la terapia d’arte può generare una trasformazione interna che potrà estendersi gradualmente agli altri ambiti del quotidiano e della vita.


Arte come terapia, cioè attività grafico-plastico-pittorica intesa come linguaggio e strumento di comunicazione nella relazione tra utente ed arteterapeuta.
Ed è nell’ambito di tale relazione che questo strumento può 

concretizzare gli obiettivi legati al benessere o alla terapia:
  •  l’esperienza di uno spazio dove poter pensare al proprio “sentire”;
  •  la sperimentazione di nuove modalità che aumentino la sensazione di efficacia e conseguentemente di autostima;
  •  l’utilizzo del canale artistico come nuova ed efficace possibilità per affrontare conflittualità emotive;
  •  lo sviluppo di abilità di integrazione e relazione;
  •  la sperimentazione dell’affidabilità dell’altro, in uno spazio dove vige l’assenza di giudizio e dove trovare condivisione e riconoscimento.



APPROCCIO TEORICO DI RIFERIMENTO

L’orientamento teorico della mia formazione, Formazione Clinica in Arteterapia VITT3 di Milano, fa riferimento all'impostazione della storica scuola “Il Porto Adeg” di Torino, che ha svolto attività pionieristica in Italia in collaborazione con la New York University, grazie al ritorno in Europa di Edith Kramer chiamata da Raffaella Bortino agli inizi degli anni '80 all'interno del primo corso di formazione quadriennale.

La Formazione è dedicata a Friedl Dicker-Brandeis e Edith Kramer, figure pionieristiche dell'Arteterapia, da cui ha tratto la metodologia ampliandone e aggiornandone i contenuti. Pone, quindi, la centralità dell'arte, intesa non come virtuosismo, ma come passione e pratica costante dell'arteterapeuta, unita ad un processo terapeutico dinamicamente orientato, secondo un’impostazione aggiornata.

La Formazione Triennale in Arteterapia Clinica, in collaborazione con il Centro Milanese ISIPSé, Istituto di Specializzazione in Psicologia Psicoanalitica del Sé e Psicoanalisi Relazionale, introduce gli allievi ad un'area molteplice, ma specifica della psicoanalisi contemporanea. Si tratta di un'area aperta allo scambio con ambiti di ricerca di molteplici altri campi delle scienze umane (infant research, studi sull'attaccamento, scienze cognitive, neuroscienze), in grado di offrire allo studente la possibilità di accostarsi ad un’ impostazione psicoanalitica aggiornata.

(informazioni circa l'approccio teorico sono tratte dal sito www.arteterapia.info)




CHI E' L' ARTETERAPEUTA  
  
fotografia di Roberta Tezza


L’Arteterapeuta è una precisa figura professionale, che utilizza metodiche finalizzate alla promozione umana con scopi riabilitativi, psicoterapeutici, psicopedagogici e preventivi di qualunque forma di disagio psicosociale, che prevedano l’uso sistematico di pratiche espressive visivo-plastico-pittoriche tradizionalmente considerate artistiche, inquadrate in diverse aree concettuali (psicoanalitica, cognitivista, relazionale, ecc.).

L’Arteterapeuta svolge la propria attività in ambito socio-educativo e sanitario; ha una formazione che gli permette di individuare tra i suoi utenti, anche in casi non esplicitamente patologici, i soggetti a rischio. È in grado, grazie ad una adeguata formazione psicologica, di sostenere una relazione di cura con vari tipi di utenza (bambini, adolescenti, adulti e anziani), nell’area del benessere, della prevenzione e della patologia. Le competenze acquisite gli consentono di elaborare progetti operativi in relazione al tipo di utenza, ai diversi contesti in cui opera, sia nell’ambito di progetti integrati d’intervento che prevedano anche il contributo delle figure professionali presenti nell’equipe socio-sanitaria e educativa, sia in base a specifico invio in ambito privato.
(cit. www.arteterapia.info)




ARTETERAPIA, origini, metodo e sviluppo.
(tratto da http://www.arteterapia.info/arteterapia/triennio/origini_america.html)

Le origini del metodo in Europa, tra le due guerre

Le origini della metodologia della Formazione Triennale in Arteterapia Clinica “Friedl Dicker-Brandeis – Edith Kramer” fanno riferimento ad una particolare impostazione, che si differenzia da quella maggiormente conosciuta.
L'utilizzo dell'arte nella terapia viene, come si è visto, prevalentemente indicata nel crescente interesse dell'ambito psichiatrico di fine Ottocento per la produzione artistica del malato mentale, che porta all'apertura dei primi atelier e alla raccolta sistematica delle opere dei pazienti.
Poco studiata è invece la svolta data dalla Bauhaus ad una nuova concezione dell'artista e del suo ruolo. Walter Gropius convoca intorno a sé, nella Bauhaus di Weimar, nel 1919, gli artisti più innovativi del periodo (Kandinskij, Klee, Moholy-Nagy, Feininger, Itten) nella convinzione che il luogo dell'artista fosse la scuola e il suo compito sociale l'insegnamento.

Partecipe di questa esperienza, prima come allieva e poi come insegnante nel corso propedeutico, è Friedl Dicker-Brandeis. A Vienna, dove è nata, ha avuto modo di seguire gli insegnamenti di Franz Cizek il quale, già all’inizio del secolo, fonda una Scuola d’Arte per bambini, prima forma di pedagogia attraverso l'arte. Sarà successivamente allieva di Johannes Itten, che la Friedl seguirà alla Bauhaus. L'esperienza professionale come architetto la porta a contatto con il Metodo Montessori, nella progettazione di una scuola materna a Vienna, distrutta poi dai nazisti.
Il suo lavoro con i bambini, prima a Vienna e successivamente a Praga, è fondamentale nella formazione della sua giovane allieva Edith Kramer che, dopo la seconda guerra mondiale a New York, integra nel suo lavoro di arteterapeuta, i diversi aspetti dell'espressione artistica, in un processo dinamicamente orientato. Friedl Dicker-Brandeis, internata nel campo di transito di Terezin nel 1942, continuerà il suo lavoro di sostegno e aiuto attraverso l'arte con i bambini deportati, che seguirà fino alla morte a Birkenau il 9 ottobre 1944.

Edith Kramer così ricorda l’esperienza: “Quando ero a Praga tenevo dei corsi a bambini rifugiati tedeschi con Friedl Dicker. Il suo atteggiamento e le modalità di trattamento mi influenzarono molto ed ebbi l’occasione di imparare molto da lei...Quando Friedl fu internata nel campo di Teresin con la popolazione del ghetto, ha continuato a lavorare e ad insegnare ai bambini e questi lavori si sono salvati. Quando vidi, nel dopoguerra, questi lavori salvati miracolosamente, fui impressionata dallo stato di salute dei bambini che vivevano in condizioni così dure. Questi bambini malgrado la situazione avevano avuto una buona infanzia che permetteva loro di fare arte”.

I lavori dei bambini del ghetto di transito di Teresin sono ormai famosi in tutto il mondo. Non così riconosciuta è l’opera di Friedl Dicker-Brandeis e il suo intervento, primo esempio di sostegno e aiuto attraverso l’arte per bambini sottoposti a situazioni traumatiche.
Ma grazie a Edith Kramer il metodo di insegnamento di Friedl Dicker-Brandeis ha potuto svilupparsi, anche per la personalità dell’allieva che, provenendo da una formazione artistica e da un ambiente psicoanalitico, ha permesso la creazione di un metodo dinamicamente orientato. Edith Kramer, successivamente al suo lavoro a Praga con Friedl Dicker-Brandeis, è riuscita ad espatriare in America, scegliendo alla fine di un lungo girovagare, New York, dove ha trovato terreno fertile per sviluppare il metodo di intervento terapeutico attraverso l’arte lavorando, fin dall’inizio, con bambini.
La Formazione Triennale in Arteterapia è dedicata a queste due figure pionieristiche dell'Arteterapia, Friedl Dicker-Brandeis e Edith Kramer, quest'ultima ancora attiva come artista e arteterapeuta a New York, dove ha dato impulso alla fondazione del Dipartimento di Arteterapia della NY University, dove ha insegnato negli anni Settanta anche Margareth Naumburg.
L'impostazione didattica riprende lo schema organizzativo della Bauhaus, con un primo anno propedeutico e i successivi di integrazione tra gli aspetti teorico-clinici e la metodologia di intervento attraverso l'Arteterapia. Fulcro centrale è il tirocinio, cantiere e luogo di costruzione della capacità di intervento terapeutico, svolto dagli studenti presso strutture pubbliche e private, con lo spazio di riflessione offerto dalla Supervisione Didattica.


Lo sviluppo dell'Arteterapia in America

Anche in America, nel dopoguerra, si sviluppa un diverso approccio all’arte, e non solo per l’influenza di Edith Kramer attiva in America dal 1950.

Anche l’intervento di Florence Cane (1882 – 1952), si iscrive pienamente nella storia dell’Arteterapia. Florence, chiamata nel 1920 alla Walden School a New York, dalla sorella Margareth Naumburg, che aveva accolto le sue osservazioni critiche rispetto alle modalità con cui veniva insegnata all’arte. Florence, in questa istituzione e nella pratica privata, ha trovato lo spazio e la disponibilità che le hanno permesso di elaborare tecniche per combattere i momenti di blocco e gli stereotipi, creando delle situazioni che impedissero la pianificazione intellettualistica e favorendo il rilassamento dei meccanismi di difesa. Florence Cane cercava di incoraggiare movimenti che impegnassero tutto il corpo nell’atto di disegnare, e, successivamente, le proiezioni di immagini sui risultati ottenuti, la concentrazione sui ricordi e su esperienze interiori.

Attraverso queste intuizioni ha avuto inizio un importante sodalizio tra le due sorelle, e il lavoro di Florence sarà di grande stimolo a Margareth che, nel corso della sua lunga attività come psicoterapeuta e arteterapeuta, getterà le fondamenta teoriche di questa disciplina.
Secondo Margareth Naumburg (1890 – 1983) il processo dell’Arteterapia, orientata dinamicamente, è basata sul riconoscimento che i pensieri e i sentimenti fondamentali dell’uomo sono derivati dall’inconscio e spesso raggiungono la loro espressione nelle immagini piuttosto che nelle parole.

La Naumburg usava il disegno spontaneo per raggiungere un più facile accesso all’inconscio e incoraggiava i suoi pazienti a fare delle libere associazioni rispetto a quello che vedevano nei propri lavori. Le immagini quindi, come nella procedura psicanalitica, hanno a che fare con i dati dei sogni, delle fantasie, delle paure, dei conflitti e delle memorie d’infanzie. Attraverso questa proiezione pittorica l’Arteterapia diventava comunicazione tra paziente e terapeuta.
Inoltre le censure che operavano nel linguaggio verbale, venivano raggirate nel linguaggio visivo usando spesso lo scarabocchio “...una tecnica che è illustrata ai pazienti in Arteterapia come mezzo di aiuto per liberare la loro espressione spontanea”. (1) Il processo, però, era finalizzato alla produzione verbale, senza una particolare attenzione ai materiali e al processo artistico. Quando si usa l’arte con queste modalità le potenzialità insite nei materiali e nel processo artistico non vengono utilizzate pienamente, e si ci trova di fronte semplicemente ad un trampolino di inizio verso la psicoterapia verbale.
Come osserva Edith Kramer: “Il metodo di Margaret Naumburg detto degli scarabocchi è ancora la via migliore per raggiungere il contenuto latente. È un esercizio che in un primo momento consente di creare segni informali, successivamente di scoprire una forma in queste configurazioni caotiche e quindi di trasformarle in figurazioni che costituiscono già il primo sbocco di contenuto nascosto. Questo metodo ha molti punti in comune con la libera associazione usata in psicanalisi ma è anche significativamente diverso”.(2)
In ogni caso le riflessioni teoriche espresse da Margareth Naumburg sono rilevanti e iscrivono l’Arteterapia nella cornice teorica psicoanalitica offrendo importanti basi agli arteterapeuti di questo orientamento.
In America Edith Kramer ha, quindi, trovato un fertile terreno per lo sviluppo del proprio personale orientamento lavorando, dapprima, come insegnate d’arte alla Little Red Schoolhouse di New York (1939-41), e successivamente presso la Wiltwyck School for Boys (1950-57) e, dal 1960 al 1963, alla Leake and Watts Children’s Home di Yonkers dove ha impostato interventi di trattamento terapeutico con bambini. Il lavoro di Edith Kramer pone l’accento sul “concetto di arte come terapia, piuttosto che su una psicoterapia che utilizzi l’arte come uno dei suoi strumenti”.

La “terapia d’arte è concepita in partenza come un mezzo di sostegno dell’Io, capace di favorire lo sviluppo di un senso di identità, e di promuovere una generale maturazione. La sua principale funzione la vediamo nel potere dell’arte di contribuire allo sviluppo di un’organizzazione psichica che sia capace di funzionare sotto pressione, senza crollare e senza dover ricorrere a infirmanti misure difensive.

Così concepita l’arte come terapia diviene, in pari tempo, un’essenziale componente dell’ambiente terapeutico e una forma di terapia che integra o sostiene la psicoterapia ma non la sostituisce”. (3)
E il suo intervento terapeutico avviene combinando i due termini, arte e psicoterapia, attraverso i processi artistici. Il terapeuta è a fianco del paziente come terza mano. Come artista reagisce al lavoro del paziente con le sue conoscenze, aiutandolo dove è necessario; come arteterapeuta ne sostiene le funzioni dell’Io.

NOTE
(1) Naumburg, M. (1966), Dynamically Oriented Art Therapy: Its Principles and Practice, Grune and Stratton, New York and London
(2) Kramer, E., Che cos’è l’Arte Terapia?, II° Giornata di Studio ADEG - AISCNV 1985, Brescia, ADEG Torino 1985
(3) Kramer, E., L’arte come terapia nell’infanzia, La Nuova Italia, Firenze 1971







SPERIMENTARTE

Adoro gli esperimenti folli. Li faccio in continuazione. 
(Charles Darwin))

Uno dei leit-motif fondamentali in un percorso di arteterapia è la sperimentazione.

Accostarsi a qualcosa di nuovo, di mai utilizzato e…provare!

Provare? Ma come? Eh, ma come si fa? E poi se sbaglio?


Io non sono capace. La frase che più ho ascoltato.

Il blocco, il terrore, il bianco, il vuoto.


Ma c’è l’arteterapeuta che sostiene.  

fotografie di Roberta Tezza



Si può imparare a tollerare quel vuoto, si può imparare a provare e sperimentare se vicino c’è qualcuno che sospende il giudizio, che accetta incondizionatamente ciò che emerge, se qualcuno ci sta vicino e condivide la nostra fatica. In questo modo si può trovare il proprio modo di sperimentare e dare forma. La propria forma, il proprio colore.

Il “PROPRIO”!!! 

Che bella espressione!
Non quello imposto, non quello di un altro: il PROPRIO.
Il proprio modo di fare le cose, il proprio tempo per giungere alle cose, il proprio modo di scoprire, di tenere il pennello, di mescolare i colori, di decidere quando e se cominciare il lavoro, di condividere, di sperimentare.
Che straordinaria cosa per un bambino di quattro anni giungere alla conclusione che il rosso e il giallo miscelati insieme danno come risultante l’arancione!

-- Roberta!!!!! Magia!!!! Guarda cos’è venuto!! Guarda cos’ho fatto!!!

Credete lo dimenticherà?
Credete sia la stessa cosa apprendere attraverso il:
 “Forza, adesso ripeti con me: giallo + rosso = arancione. Capito?”.
Sperimentare significa apprendere.
Per un bambino è nutrimento, è magia, è vita.
E apprendere attraverso la propria sperimentazione, quindi attraverso l'esperienza diretta e spontanea, consente la sensazione di “ESSERE CAPACI”.
Sentirsi capaci è benzina per l’autostrada dell'autostima.
Per un bambino  è desiderio di fare e apprendere ancora, perché diviene rinforzo.
Per un adulto è aprire la mente insonnolita e incallita nell’abitudine, liberarsi a poco a poco da schemi precostituiti asfittici e paralizzanti.
Ricordare che non c’è soltanto un modo di fare le cose.
Che le cose possono essere viste da un’altra angolazione.
Che i problemi non hanno una sola soluzione, che non c’è soltanto una via da percorrere.
Che si possono inventare MODI NUOVI. Si, nuovi!
Nuovi? Ma…inventare modi nuovi non ha a che fare con la creatività?
Certo, ma di questo parleremo in una delle prossime puntate ;-).

(Nelle foto i miei bambini. Ognuno a suo modo)









TEMPO FA, I MIEI PICCOLI PAZIENTI...


L. - Che bella panciotta ti è venuta, Roby!
IO- Eh, ieri ho mangiato troppa torta .
L.- Torta? Mica era il tuo compleanno!!!
IO- No, ma avevo voglio di fare una torta...
J.- Loby(Roby), ma tu quanti anni hai?
L.- Secondo me la Roby sa fare tante cose, quindi ne ha almeno cento di anni!!!
IO- Beh...cento...è un po' tanto, no?!
J.- La Loby è vevvissima!!! Davvelo Vevvissima!!!
IO- Rido
J.- Pelché lidi Loby?
L.- Secondo me ride perché è contenta dei suoi bambini speciali.
IO- Si, sono proprio felice. Siete i miei bambini fantastici.

fotografia di Roberta Tezza







Fotografia di Roberta Tezza


L’idea che l’espressione di se stessi attraverso l’arte sia benefica per tutti è largamente condivisa. (…) Tale ricerca di salvezza e salute attraverso l’arte sta guadagnando terreno proprio quando l’arte è quasi del tutto scomparsa come ingrediente normale della vita quotidiana. (…) e dato che l’arte non rappresenta più un ingrediente normale della vita, occorre trovare specialisti capaci di rendere appetibile questa misteriosa sostanza.
Il fine della terapia d’arte e le capacità che richiede vanno oltre i semplici obiettivi dell’attività ricreativa o dell’educazione artistica.

                                                          da  Arte come terapia nell’infanzia, Edith Kramer

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