lunedì 27 gennaio 2014

LA CREATIVITA' PER RESISTERE ALL'ORRORE

Terezin.
Disegni e poesie dei bambini nel campo di sterminio.



Dal 20 gennaio al 28 marzo 2014, a Roma, presso la Casa della Memoria e della Storia è possibile visitare gratuitamente la mostra che porta questo titolo e che presenta una selezione dei disegni e delle poesie provenienti dal Museo Ebraico di Praga e realizzati dai bambini rinchiusi a Terezin, città-fortezza cecoslovacca che divenne dal 1942 al 1944 il "ghetto dell'infanzia".
Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà.

Anita Frankovà-Direttore del Museo Ebraico di Praga :

“ Fra i prigionieri del ghetto di Terezin ci furono all’incirca 15.000 bambini, compresi i neonati. Erano in prevalenza i bimbi degli ebrei cechi, deportati a Terezin insieme ai genitori, in un flusso continuo di trasporti fin dagli inizi dell’esistenza del ghetto. La maggior parte di essi morì nel corso del 1944 nelle camere a gas di Auschwitz. Dopo la guerra non ne ritornò nemmeno un centinaio e di questi nessuno aveva meno di quattordici anni. I bambini sopportarono il destino del campo di concentramento assieme agli altri prigionieri di Terezin.
Dapprima i ragazzi e le ragazze che avevano meno di dodici anni abitavano nei baraccamenti assieme alle donne; i ragazzi più grandi erano con gli uomini. Tutti i bambini soffrirono assieme agli altri le misere condizioni igieniche e abitative e la fame. Soffrirono anche per il distacco dalle famiglie e per il fatto di non poter vivere e divertirsi come bambini. Per un certo periodo i prigionieri adulti riuscirono ad alleviare le condizioni di vita dei ragazzi facendo sì che venissero concentrati nelle case per i bambini.
La permanenza nel collettivo infantile alleviò un tantino, specialmente sotto l’aspetto psichico, l’amara sorte dei piccoli prigionieri. Nelle case operarono educatori e insegnanti prigionieri che riuscirono, nonostante le infinite difficoltà e nel quadro di limitate possibilità, a organizzare per i bambini una vita giornaliera e perfino l’insegnamento clandestino. Sotto la guida degli educatori, i bambini frequentavano le lezioni e partecipavano a molte iniziative culturali preparate dai detenuti. E non furono solo ascoltatori: molti di essi divennero attivi partecipanti a questi avvenimenti, fondarono circoli di recitazione e di canto, facevano teatro per i bambini. I bambini di Terezin scrivevano soprattutto poesie su pessima carta di guerra, ciò che potevano trovare. Una parte di questa eredità letteraria si è conservata.
L’educazione figurativa veniva organizzata nelle case dei bambini secondo un piano preciso. Le ore di disegno erano dirette dall’artista Friedl Dicker Brandejsovà. Il complesso dei disegni che si è riusciti a salvare e che fanno parte delle collezioni del Museo statale ebraico di Praga, comprende circa 4.000 disegni. I loro autori sono per la gran parte bambini dai 10 ai 14 anni. […] Sui disegni c’è di solito la firma del bambino, talvolta la data di nascita e di deportazione a Terezin e da Terezin. La data di deportazione da Terezin è anche in genere l’ultima notizia del bambino
 (…)”.


L'opera di Friedl Dickers Brandeis e il seme dell'arteterapia.

Terezin, città della Repubblica Ceca a 60 km a nord di Praga, 
in tedesco Theresienstadt, fu come un campo di propaganda, un modello di insediamento ebraico pensato ed utilizzato dalle SS come camuffamento della soluzione finale che andava attuandosi.
Se in quanto a orrore aveva attinenza con gli altri campi di concentramento (fame, malattia e morte erano ben presenti), presentava però una sua unicità: al suo interno, proprio perché Propagandlager, veniva consentito di impartire lezioni ai piccoli prigionieri ed era possibile praticare l'arte, la musica e il teatro, seppur con gli scarsissimi mezzi a disposizione.
Numerosi artisti di spicco ed intellettuali risiedevano nel campo e si prodigavano a tal fine.
Lo straordinario lavoro di Friedl Dicker Brandeis con i bambini è a tutt'oggi oggetto di approfondimento.

Friedl in una fotografia
di Johannes Beckmann nel 1936 ca.

Friedl Dicker Brandeis, pioniera dell'Arteterapia, nacque a Vienna nel 1898. Artista molto dotata e di grande spessore umano, fu architetto, disegnatrice di moda, fotografa, pittrice, insegnante.Allieva di Franz Cìzek dal 1915 al 1916 e di Johannes Itten dal 1916 al 1919 seguirà quest'ultimo a Weimar (1919-1923) perché convocato da Walter Gropius presso la Bauhaus insieme agli artisti più innovativi dell'epoca (Paul Klee, Vassilij Kandinskij, Làszlò Moholy, Lyonel Feininger et al.) con l'incarico di docente, La ferma convinzione di Gropius era che il luogo dell'artista fosse la scuola ed il suo compito sociale fosse l'insegnamento.
Friedl Dickers-Brandeis fu dapprima allieva, approfondendo lo stile e l'insegnamento di Itten, poi docente. Tornata a Vienna aprì un atelier di architettura ed arredamento, ma nel 1934 l'evolversi della situazione politica e sociale la vedrà arrestata per attivismo politico e tacciata di comunismo. Assolta e liberata si trasferirà a Praga, invano alla ricerca di quiete: 
nel 1942 a causa delle leggi razziali e delle persecuzioni naziste verrà arrestata e deportata nel ghetto di Terezin dove opererà a stretto contatto con i bambini, consentendo loro di vivere momenti di creatività capaci di distrarli dall'angoscia e dall'orrore.



Bambini nel cast di Brundibar, una rappresentazione scritta, 
prodotta e interpretata a Terezin 1944-43, 
la scenografia visibile sullo sfondo è di  Friedl Dicker-Brandeis



Nel corso della sua esperienza di didatta, Friedl aveva sempre messo in pratica i principi artistici della Bauhaus arricchendoli successivamente di spunti tratti dalle teorie montessoriane con le quali era venuta in contatto e dalle quali era rimasta affascinata.


Nel suo lavoro di pedagoga le si era affiancata a Vienna, e non aveva esitato a seguirla a Praga, una giovane allieva: Edith Kramer.



Ecco le parole di Edith Kramer:

“Quando ero a Praga tenevo dei corsi a bambini rifugiati tedeschi con Friedl Dicker. Il suo atteggiamento e le modalità di trattamento mi influenzarono molto ed ebbi l’occasione di imparare molto da lei...Quando Friedl fu internata nel campo di Terezin con la popolazione del ghetto, ha continuato a lavorare e ad insegnare ai bambini e questi lavori si sono salvati. Quando vidi, nel dopoguerra, questi lavori salvati miracolosamente, fui impressionata dallo stato di salute dei bambini che vivevano in condizioni così dure. Questi bambini malgrado la situazione avevano avuto una buona infanzia che permetteva loro di fare arte”.




Friedl Dicker salì su un vagone destinato ad Auschwitz il 28 settembre 1944 per seguire il marito Pavel Brandeis. Morì undici giorni dopo. Il marito si salvò, per ironia della sorte.



Edith Kramer si trasferì negli U.S.A. e nell'immediato dopoguerra iniziò a sostenere che l'arte fosse in grado di attivare processi psicologici non soltanto attraverso l'espressione simbolica di contenuti interni ed emotivi, ma anche attraverso il processo e l'atto artistico e creativo stessi

Dall'esperienza e dagli studi di Edith Kramer e da successive contaminazioni/rielaborazioni con un approccio psicodinamico, in collaborazione con la New York University e dopo il suo ritorno in Europa, ha avuto origine l'orientamento metodologico della mia formazione in arteterapia clinica.



Un video: Friedl Dicker-Brandeis: The Redemptive Power of Art  https://vimeo.com/19848450

Qui le informazioni dettagliate della mostra: Sito Cultura Roma.


REFERENZE: 






mercoledì 22 gennaio 2014

IL FILO DI JUDITH
















Judith Scott (1943-2005) era un'artista...del filo.
Le sue oltre duecento sculture sono ormai permanentemente esposte in molti musei del mondo e la sua fama va incentivandosi col trascorrere del tempo.
Ma partiamo...dal bandolo.

Cincinnati, Ohio, 1° maggio 1943: Judith nasce a pochi minuti di distanza da sua sorella Joyce.
Gemelle, quindi. Molto simili.
Se non fosse per un piccolo particolare che sarà portatore di un grande capovolgimento nelle loro esistenze.
Inseparabili, come spesso sono fratelli e sorelle gemelli.

Se non fosse per la forzata separazione che stravolgerà le loro esistenze.

Judith ha un cromosoma in eccesso, è affetta da sindrome di Down.
Per i primi sette anni e mezzo le bambine crescono insieme, giocando e aiutandosi a vicenda come tutti i bimbi sanno fare. Poi, una mattina autunnale del 1950, Joyce si sveglia e la sua sorellina non c'è più. La cerca ovunque, ma non c'è.
A quei tempi certe differenze fisiche e cognitive erano considerate insormontabili e gli specialisti invitavano le famiglie ad affidare i figli a strutture specializzate.
Judith restò per la maggior parte della sua esistenza in una struttura cosiddetta specializzata. Così specializzata che la sua sordità, non venne diagnosticata per trent'anni.
Questo significò essere considerata una persona con un disturbo cognitivo di alta gravità.
Per trent'anni visse la totale assenza di istruzione e di adeguati stimoli e restò in totale anonimato nella struttura.

Joyce, che mai aveva potuto colmare il vuoto della sorella e ricucire lo strappo che la vita le aveva inferto, non si era mai data per vinta.
Mossa da questi sentimenti e da una certa dose di intuizione riuscì, non senza lottare, ad avere la custodia della sorella e a portarla in California per condividere nuovamente le loro esistenze.


   
Judith e Joyce

Poco dopo essere giunta in California, Judith iniziò a frequentare il Creative Growth Art Centreuno dei più famosi centri al mondo per artisti con disabilità.
Per due anni, però, sembrò mancare di ogni stimolo e interesse ad utilizzare i materiali artistici, Fino a quando non incontrò i fili!!! Fu un colpo di fulmine e non si fermò più, dimostrando un innato talento nel creare queste incredibili sculture.
Cominciò spontaneamente a rivestire ed avvolgere di fibre alcuni pezzi di legno dando origine alle sue prime sculture denominate Totem.Divenne un suo preciso modus operandi: strutture o oggetti rigidi e robusti, tenuti e legati insieme con tessuti e fili.
La prima partecipazione ad una mostra avvenne nel 1999, in concomitanza con la pubblicazione del libro di John MacGregor's, Metamorphosis: the Fiber      Art of Judith Scott



Judith abbraccia una sua scultura
Judith al lavoro
                                  
Il resto è storia e poco importa.

Ciò che conta, e conta davvero, è che Judith ha avuto la sua possibilità di vita degna di questo nome. 

Conta aver ritrovato almeno in parte i suoi affetti. 
Conta aver potuto esprimere il suo straordinario mondo interno che per quasi un'intera vita era stato inascoltato.

Conta aver potuto parlare attraverso i suoi fili.
I suoi fili che l'hanno riavvicinata al gioco motorio e sensoriale tipico dell'infanzia.
Quei fili che hanno stretto e legato saldamente oggetti che non dovevano più perdersi.
Quei fili che poi non sono che un unico interminabile filo...
IL Filo di Judith.
Il filo dell'arte che diventa terapia dell'anima.




(per correttezza ringrazio Textile artist.org , che ha ispirato il mio articolo;
la mia collega Chantal per avermi permesso l'ispirazione;
l'articolo e la traduzione dall'inglese sono miei, a me oneri e onori;
ed ecco qui l'intera storia di Judith e Joyce Scott, sito da cui ho tratto le fotografie)

martedì 7 gennaio 2014

FARE RETE, RESISTENTE E A COLORI, POSSIBILMENTE.


Dall'8 dicembre e per tutto il 2014 il Macro di Roma, per la settima edizione di Enel Contemporanea, ospita il grande lavoro di Toshiko Horiuchi Mac Adam:
Harmonic Motion/Rete dei Draghi.
Di cosa si tratta? Di un'enorme scultura tutta da vivere.
Di un lavoro all'uncinetto che punto dopo punto, cerchio dopo cerchio, colore dopo colore, ha dato forma ad una immensa rete resistente e multicolor che si presta ad essere arrampicata, usata per saltare, per atterrare dopo un tuffo, per lasciarsi dondolare, rimbalzare e per fare tutto ciò che suggerisce il bambino che resiste strenuamente in ognuno di noi.


Già Ernesto Neto, alla fine degli anni '90, aveva progettato ed elaborato le "navi": strutture flessibili di nylon o altre fibre tessili che potevano essere penetrate dal pubblico.
Toshiko Horiuchi, però, realizza personalmente all'uncinetto le sue opere, coloratissime, e le realizza pensandole come un parco giochi, una grande opera interattiva per bambini (di tutte le età). Praticamente dei campi da gioco colorati realizzati a crochet.

Molto nota per il suo progetto, "Woods of Net" Padiglione al Hakone Open Air Museum in Giappone, che 
è situato in uno degli spazi turistici più altamente visitati in Giappone. Progetto che Horiuchi ha realizzato con la collaborazione di Tezuki Architects e con la società di ingegneria strutturale TIS & PARTNER, oltre che con la collaborazione del marito Charles Mac Adam.

Il lavoro di quest'artista/artigiana/designer mi ha colpito non poco.
In primis ha toccato le mie corde di "vecchia" designer di moda, la mia passione per tutto ciò che è tessile e prende forma.
Poi la mia passione per tutto ciò che è colore.
Per ultimo, ma non come importanza, ha toccato la mia passione di arteterapeuta del fare rete con altri professionisti nelle relazioni di aiuto.
Rete che non imbrigli, rete che sostenga, che ripari, che serva da trampolino di lancio per quando si è pronti ad interagire col mondo con le sole proprie forze.
Rete come relazione tra gli esseri e lo spazio.



schizzi per Wonder Space II da Toshiko Horiuchi Mc Adam and Interplay


 Horiuchi al lavoro


“Woods of Net” Padiglione al Hakone Open Air Museum in Giappone