venerdì 29 novembre 2013

(regalo di una paziente con diagnosi di schizofrenia
 paranoide

          "così qualcuno ti proteggerà sempre, Roberta")
Éloge de la Folie

Era una domenica di turno, a ferragosto. Niente di speciale, nessun'emergenza, il tempo era bello e la gente era in vacanza.
Fine pomeriggio, una chiamata :
-Dottore, è per mia moglie! Lei deve venire per farla rinchiuderla in manicomio!!!
- In manicomio ? Ma che è successo ?
- Mia moglie si e rinchiusa in macchina e non vuole più uscirne. Ho chiamato la polizia ma loro hanno detto che ci vuole un medico.
Beh, vado a vedere cosa succede, inutile tentare di spiegare a quel signore che non si manda la gente in manicomio cosi.
Arrivo sul posto della chiamata: una viuzza cieca in un quartiere tranquillo. Ma c’è un gruppo compatto di gente attorno all'autoambulanza e alla macchina della polizia.
Mi aspettano con impazienza. I poliziotti mi raccontano di essere stati chiamati dal marito (saprò dopo che è l'ex marito) perché la signora si e rinchiusa dentro la sua macchina dopo aver impedito al vicino di casa di uscire dal garage. Il marito mi mostra la facciata di casa: le finestre sono decorate con ghirlande di fiori di carta e cartoline. Ho voglia di ridere: se la pazzia di quella signora sta tutta li, non deve essere molto pericolosa, e perché poi si può decorare le case a Natale e non d’estate ? Oh, allora dovrei mandare in manicomio tutti quelli che adornano le case dall'inizio di dicembre alla fine di gennaio con ghirlande e lampadine! Ma non faccio nessun commento. Tutti aspettano il mio intervento. Mi spiegano che la signora ha bloccato la porta del garage del vicino con la sua macchina e dopo aver litigato è rientrata in macchina e non ha più voluto uscirne.. Tanto è pazza, e già stata al’ospedale in psichiatria e deve andare in manicomio Mi avvicino alla macchina per vedere la “pazza”. Chiedo alla polizia di mandare via la gente che sta attorno a quella macchina, voglio lavorare in santa pace se è possibile. E vedo finalmente la "pazza": quella donna sta accovacciata sul sedile e singhiozza a dirotto. Le parlo attraverso il finestrino chiuso, dolcemente. Le chiedo se accetta di uscire perche vorrei parlare con lei per capire cosa le è successo. Alza la testa, l'aria impaurita, fra due singhiozzi mi fa cenno che non vuole, mostra la gente, la polizia, l’ambulanza. Allora le dico che manderò via tutti quanti. A mandare via i vicini sarà facile: il cielo si è oscurato, sta scoppiando un temporale e la pioggia incomincia a cadere. La loro curiosità non resiste ai tuoni e ai lampi. Per la polizia e l’ambulanza, arrivo ad ottenere che loro vadano nella strada vicina, dietro l'angolo della strada. E se ho bisogno di loro li chiamerò. Dopo una breve discussione accettano il mio modo di fare.
Ecco, sono sola con la signora, che vedendo la strada vuota esce con calma dalla macchina e mi invita a entrare in casa sua: era ora, il mio vestito estivo è tutto bagnato di pioggia. Seguo la signora in casa sua, ho un piccolo dubbio e provo un po d'angoscia vedendola chiudere a chiave la porta dietro di noi: spero che non sia veramente pazza ! Ma mi fa sedere, si siede anche lei, mi propone un caffè, ed accende una sigaretta. Bene, non e il momento di parlarle dei rischi del fumo... le chiedo di raccontarmi cosa è successo. La sua versione dei fatti è chiara e coerente : è uscita con la macchina dal garage perchè voleva andare da un'amica. Ma la macchina è vecchia, le si è bloccato il motore mentre faceva la manovra, è rimasta in mezzo alla strada mentre il suo vicino di casa usciva anche lui con la macchina dal garage. Il vicino si e messo a sgridarla, a insultarla, lei ha preso paura e si e rinchiusa in macchina... il vicino allora ha provato a sollevare la macchina con un compagno per spostarla. Allora si e messa a strillare dalla paura,

- Lei pensa che io sia pazza ?
- Veramente no, ha avuto un attaco di panico ... penso che lei sia fragile ma non pazza. Forse la sua reazione non era la piu addatta ... se avesse provato a discutere con il vicino...
- Ma dottore, qui nel quartiere mi trattano tutti di pazza.

Intanto io non vedo per qual motivo dovrei far rinchiudere quella signora in manicomio
Lei mi racconta allora un po' la sua vita, il suo divorzio difficile, i suoi problemi di depressione e anche di alcoolismo. E' già stata due o tre volte in ospedale.
Osservo la stanza nella quale siamo : sulle pareti ci sono tanti quadri, dipinti, visi di donne con occhi di gatti e gatti con occhi e visi di donne. In tutti i quadri, lo sguardo è angosciato. Un po naïf, un po surrealistico, un po onirico, ma mica male.

- Le piacciono ? mi chiede la signora.
- Son vostri ? Belli i colori e l’espressione degli occhi ...

Lei dipinge, le piace molto dipingere, va a scuola di pittura proprio nella stessa accademia dove vado anch'io, ed ora sta anche imparando la scultura. Il suo sguardo si illumina, parla con molto entusiasmo delle sue creazioni. Dimentico quasi perché sono lì... ma debbo andare, penso alla polizia che fuori mi aspetta.. La saluto, le dico che ha ragione a creare, deve continuare, assolutamente.
Dietro l’angolo della strada, i poliziotti s’impazientiscono. Le dico che va tutto bene, che quella signora ha avuto un attacco di panico ma che non ha bisogno del’autoambulanza né del manicomio. Sento il marito che dice sottovoce, che io son piu pazza della sua ex-moglie... Completo le carte per la polizia e torno a casa...

Un anno e mezzo dopo, d’inverno, son di turno e mi chiamano per una signora che non si sente troppo bene. Quando arrivo di fronte alla casa dove mi hanno chiamato, riconosco la casa della “pazza” dell’estate scorsa. Le ghirlande pero non ci sono più. Entrando in casa della paziente, riconosco i mobili ma i quadri sui muri sono spariti, rimangono solo tracce più pallide sulle pareti, e nemmeno le statuine ci sono più ... 
Riconosco la signora, è la mia artista "pazza", ma non e più la stessa : il suo sguardo è spento, la camminata rigida, l’aspetto generale di un paziente che prende neurolettici. 
Si ricorda di me... C'e un uomo con lei.
Soffre soltanto d’influenza, niente di grave ...

Non resisto alla voglia di chiederle se dipinge ancora... Ma prima che lei possa rispondermi, l’uomo che vive con lei mi risponde : "Le sue stupidaggini? Certo che non ne fa più ... Ormai si cura ..."

(ho trovato questa storia sul web, su un sito francese, non c'era autore)

mercoledì 27 novembre 2013


RITRARRE




Ritrarre (non com. retrarre) v. tr. [lat. retrahĕre «tirare indietro», comp. di re- etrahĕre «trarre, tirare»] (coniug. come trarre). –(...)
2. 
a. Trarre fuori, estrarre. (...)
b. ant. o letter. Venire a sapere, apprendere (...)
3. Trarre copia o immagine fedele (...).

(da Treccani.it )


Per ritrarre è necessario avvicinarsi, osservare, cogliere, rielaborare,  mettersi in relazione.
Ritrarre è sempre una via che conduce alla comprensione, non soltanto da un punto di vista cognitivo, ma anche da un punto di vista emotivo. Lo sappiamo  bene noi arteterapeuti.
Ed è comunque e sempre un tributo. (Sorvolo ovviamente sui ritratti commissionati).
Quanti artisti hanno ritratto loro stessi e le persone che hanno amato?
A volte nel tentativo di comprendere se stessi per esempio, altre come gesto d'amore o d'affetto profondo verso l'altro.
Non oso attribuire alcuna motivazione specifica nella realizzazione dei ritratti qui pubblicati.
Mi limito a sottolineare la delicatezza  e la tenerezza del progetto chiamato Echolilia e realizzato dal fotografo Timothy Archibald.
Progetto che raccoglie ritratti  di suo figlio Elijah, affetto da disturbo dello spettro autistico, e del suo mondo.
Questo il sito ufficiale del fotografo: http://timothyarchibald.com/#/index.
Qui di seguito alcuni suoi scatti: