mercoledì 22 gennaio 2014

IL FILO DI JUDITH
















Judith Scott (1943-2005) era un'artista...del filo.
Le sue oltre duecento sculture sono ormai permanentemente esposte in molti musei del mondo e la sua fama va incentivandosi col trascorrere del tempo.
Ma partiamo...dal bandolo.

Cincinnati, Ohio, 1° maggio 1943: Judith nasce a pochi minuti di distanza da sua sorella Joyce.
Gemelle, quindi. Molto simili.
Se non fosse per un piccolo particolare che sarà portatore di un grande capovolgimento nelle loro esistenze.
Inseparabili, come spesso sono fratelli e sorelle gemelli.

Se non fosse per la forzata separazione che stravolgerà le loro esistenze.

Judith ha un cromosoma in eccesso, è affetta da sindrome di Down.
Per i primi sette anni e mezzo le bambine crescono insieme, giocando e aiutandosi a vicenda come tutti i bimbi sanno fare. Poi, una mattina autunnale del 1950, Joyce si sveglia e la sua sorellina non c'è più. La cerca ovunque, ma non c'è.
A quei tempi certe differenze fisiche e cognitive erano considerate insormontabili e gli specialisti invitavano le famiglie ad affidare i figli a strutture specializzate.
Judith restò per la maggior parte della sua esistenza in una struttura cosiddetta specializzata. Così specializzata che la sua sordità, non venne diagnosticata per trent'anni.
Questo significò essere considerata una persona con un disturbo cognitivo di alta gravità.
Per trent'anni visse la totale assenza di istruzione e di adeguati stimoli e restò in totale anonimato nella struttura.

Joyce, che mai aveva potuto colmare il vuoto della sorella e ricucire lo strappo che la vita le aveva inferto, non si era mai data per vinta.
Mossa da questi sentimenti e da una certa dose di intuizione riuscì, non senza lottare, ad avere la custodia della sorella e a portarla in California per condividere nuovamente le loro esistenze.


   
Judith e Joyce

Poco dopo essere giunta in California, Judith iniziò a frequentare il Creative Growth Art Centreuno dei più famosi centri al mondo per artisti con disabilità.
Per due anni, però, sembrò mancare di ogni stimolo e interesse ad utilizzare i materiali artistici, Fino a quando non incontrò i fili!!! Fu un colpo di fulmine e non si fermò più, dimostrando un innato talento nel creare queste incredibili sculture.
Cominciò spontaneamente a rivestire ed avvolgere di fibre alcuni pezzi di legno dando origine alle sue prime sculture denominate Totem.Divenne un suo preciso modus operandi: strutture o oggetti rigidi e robusti, tenuti e legati insieme con tessuti e fili.
La prima partecipazione ad una mostra avvenne nel 1999, in concomitanza con la pubblicazione del libro di John MacGregor's, Metamorphosis: the Fiber      Art of Judith Scott



Judith abbraccia una sua scultura
Judith al lavoro
                                  
Il resto è storia e poco importa.

Ciò che conta, e conta davvero, è che Judith ha avuto la sua possibilità di vita degna di questo nome. 

Conta aver ritrovato almeno in parte i suoi affetti. 
Conta aver potuto esprimere il suo straordinario mondo interno che per quasi un'intera vita era stato inascoltato.

Conta aver potuto parlare attraverso i suoi fili.
I suoi fili che l'hanno riavvicinata al gioco motorio e sensoriale tipico dell'infanzia.
Quei fili che hanno stretto e legato saldamente oggetti che non dovevano più perdersi.
Quei fili che poi non sono che un unico interminabile filo...
IL Filo di Judith.
Il filo dell'arte che diventa terapia dell'anima.




(per correttezza ringrazio Textile artist.org , che ha ispirato il mio articolo;
la mia collega Chantal per avermi permesso l'ispirazione;
l'articolo e la traduzione dall'inglese sono miei, a me oneri e onori;
ed ecco qui l'intera storia di Judith e Joyce Scott, sito da cui ho tratto le fotografie)

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